Queste righe sono aperte al commento e al contributo degli psicoterapeuti, soci di “Vinciamo il gioco” e non, che in questo periodo hanno potuto, loro sì, osservare i comportamenti dei pazienti affetti dal disturbo da gioco d’azzardo. Un grazie anticipato.
Se non fosse per i drammi umani, il disagio sociale e i danni economici che ha comportato, si potrebbe ironicamente sottolineare come il Coronavirus abbia avuto il merito di offrire a politici e amministratori locali, scienziati di varie discipline, economisti, imprenditori, commercianti e pubblici esercenti, commentatori tv e giornalisti, esperti del “niente ma di tutto”, sociologi e filosofi, un’ottima occasione per fare passerella, per “sparare la propria” così dal far sapere al mondo della loro importante e presenza.
Ma in tanta esibizione di competenze e pareri, potevano forse mancare i raffinati pensatori del grande circo del gioco d’azzardo che, come abili Barnum, hanno rappresentato ad un pubblico, inevitabilmente sguarnito dei necessari elementi di valutazione, gli effetti a volte nefasti a volte positivi del lockdown?
Sono quindi apparse statistiche e commenti fondati sul … non è dato sapere, perché quasi mai suffragati da riferimenti alle modalità di ricerca con le quali sono state prodotte, ma comunque proposte come verità evangeliche, per le quali è forte il sospetto che siano state molto dettate da vantaggi di parte. Inopportuno quindi esporle per poi dover commentare il vacuo.
Semmai, con la presunzione di chi da 15 anni cerca (senza certezza di un esito positivo) di comprendere e trovare connessioni logiche e consequenziali alle varie modalità di fruizione del gioco d’azzardo, si può tentare di mettere, grossolanamente e stando ben attenti ad evidenziarlo come “non scientifico”, qualche punto fermo sugli effetti che il lockdown ha determinato nelle varie categorie di giocatori.
Giocatori sociali di qualunque età
Inevitabilmente, e senza particolare stress, hanno ridotto se non annullato il loro giocare, che si trattasse di “gratta e vinci”, estrazioni varie o slot. Di certo la loro assenza dal gioco ha prodotto un significativo calo di fatturato ai vari concessionari e distributori.
Giocatori problematici (ossia a rischio di dipendenza)
Per alcuni la difficoltà di accedere “fisicamente” al gioco potrebbe avere avuto un positivo effetto di distacco assai funzionale alla remissione della rischio di patologia; questo potrebbe valere soprattutto per gli individui avanti con gli anni e comunque con una scarsa dimestichezza nell’utilizzo delle tecnologie di gioco a distanza. Anche in questo caso il calo del fatturato dovrebbe essere stato consistente.
Per altri, soprattutto per coloro i quali internet e collegamenti online non hanno segreti, l’effetto potrebbe essere stato opposto; cioè quello di spingerli nella pratica del gioco online, ben più insidiosa di quella in loco, col conseguente rischio di essere ammaliati dalla quantità e qualità dei giochi, la cui capacità seduttiva e ben nota, e quindi ancor più risucchiati verso la dipendenza. Potrebbe questo essere il caso dei giovani adulti e degli adulti in genere. In questo secondo caso, a fronte di una perdita di fatturato per i concessionari e distributori di gioco “in loco” si è certamente registrato un forte aumento di quello “online”.
Giocatori patologici
Avete mai sentito parlare di crisi d’astinenza ? Di quali sono i comportamenti di coloro cui manca la … sostanza? Di ricerca “a tutti i costi” di ciò che soddisfa il bisogno, la compulsione? Ebbene, perché non pensare che anche le persone affette da dipendenza da gioco d’azzardo non abbiano vissuto le medesime esperienze? Con queste persone, sempre escludendo gli individui con scarse o nulle propensioni tecnologiche, l’online l’ha fatta da padrone, ha vinto, lui si, a mani basse. Ha vinto non solo soddisfacendo la compulsione, ma anche aprendo a tanti neofiti il “paradiso” dell’ online, seduttivo, comodo, disponibile a tutte le ore, segreto e privato. Ha vinto procurandosi nuovi clienti.
Ed è stata, e lo è tuttora, questa “migrazione” ad allarmare i gestori di sale gioco e dei locali pubblici che temono di vedersi ridotti fatturato e utili; ecco il perché di tanta pressione sul governo perché dia quanto prima il là anche alle loro riaperture.
Probabilmente, sempre richiamando quella nota sull’amatorialità di queste considerazioni e senza con questo mettere sulla graticola i distributori di gioco online, il danno più grosso causato dal lockdawn è proprio l’avere allargato, forse definitivamente, a nuovi utenti la sua pratica.
Un’ ulteriore considerazione va fatta sul pensiero, da molti espresso, che il lockdown abbia favorito il gioco illegale. Ora, se si pensasse alle scommesse clandestine, alle corse di animali vari, o alle bische allora tale affermazione sarebbe infondata perché quelle “giocate” erano di fatto impraticabili perché impedite dalla contingenza del divieto di spostamenti e assembramenti.
Ma il gioco illegale è anche quello che si pratica al di fuori delle concessioni nazionali, dall’ abilitato dai nostri enti regolatori; per dirla tutta, quello che si pratica sui siti illegali, sprovvisti di permessi per l’accessibilità dal nostro Paese e che comunque vengono facilmente raggiunti grazie pratiche informatiche ormai da tempo note ai giocatori d’azzardo più accaniti. Qua il rischio potrebbe essere, il condizionale è d’obbligo, non solo quello della dipendenza ma anche quello della truffa.
Però, perché non concludere con una nota di positività, ossia pensando che molti individui, giocatori sociali, problematici e, chissà, patologici non abbiano trovato modo di sostituire il desiderio, o il demone, del gioco con pratiche comunque appaganti, lecite e non dannose; scoprendo o ritrovando in famiglia gli affetti, il dialogo, la serenità ? E magari qualche vecchio gioco sociale, tipo briscola, scopa, scala 40, domino, o altri giochi da tavola ? Anche con quelli si vince e, soprattutto, … non si perdono ne danaro, ne affetti, ne salute.
Roberto Pozzoli